Asmarina, tra colonialismo e migrazione

Asmarina, tra colonialismo e migrazione

Q Code Mag – Paolo Riva

di Paolo Riva
Un mosaico composto da tante tessere, antiche e recenti, tutte attuali. Un caleidoscopio di immagini, tratte da album di famiglia, scatole dei ricordi, archivi pubblici e privati. Un coro di voci che raccontano storie tanto personali e intime quanto capaci di parlare a tutti. Asmarina, in 69 minuti, è tutto questo: è un documentario che rende omaggio alla comunità etiope ed eritrea di Porta Venezia. Ma, al tempo stesso, è un’opera che, partendo da questo quartiere di Milano, arriva a toccare temi universali e contemporanei come l’identità, le migrazioni, il colonialismo e i diritti di cittadinanza. È un coro, Asmarina, che regala al pubblico tanti stimoli, a volte difficili da decifrare. È un caleidoscopio, Asmarina, che incuriosisce lo spettatore, che lo spinge ad approfondire i numerosi spunti che il documentario offre, ma che a volte lo disorienta anche. È un mosaico ricco, composito ed eterogeneo, Asmarina.

Al suo interno, c’è la tessera del rappresentante in giacca e cravatta dell’Anrra, l’Associazione Nazionale Reduci e Rimpatriati d’Africa, che ricorda i tempi del colonialismo italiano in Africa orientale. C’è quella di un’intera famiglia che sfoglia l’album dei ricordi al gran completo: la prima generazione, oggi anziana, che ha lasciato l’Eritrea per l’Italia, la seconda che è nel nostro Paese da sempre ma ancora fatica a sentirsi totalmente accettata, la terza che è figlia di genitori misti e, forse per la giovane età, sembra non badare troppo alle differenze. Ci sono quelle degli italiani nati e cresciuti in Eritrea, in pratica delle “seconde generazioni” alla rovescia. E ci sono quelle dei “meticci”, figli di uomini italiani e donne eritree che, dopo delle infanzie di stenti, nel 1963, sono stati “rimpatriati” in Italia senza nemmeno il diritto di conoscere l’identità dei loro padri.

E poi, ancora, c’è la tessera dell’attivista che ricorda i grandi raduni politici di eritrei a Bologna ai tempi della guerra per l’indipendenza di Asmara dall’Etiopia (avvenuta poi nel 1993). Ci sono quelle di Vito Scifo e Lalla Golderer che furono tra i primi a cogliere l’importanza del fenomeno migratorio in Italia e nel 1983 pubblicarono un libro fotografico dedicato proprio alla comunità eritrea. C’è quella di un giovane migrante che confessa di non aver mai pensato di vivere fuori dal suo Paese e di essersi invece ritrovato costretto a partire per fuggire la dittatura eritrea di Afewerki. E quella di una sua coetanea, in Italia ormai da tempo, che racconta di come, insieme a molti connazionali, si sia data da fare per aiutare i profughi di passaggio a Milano.

Di fronte alla telecamera di Medhin Paolos e Alan Maglio, si alternano queste e altre figure. Diverse, per origini, esperienze e vissuti. Proprio come i due registi. Medhin è una fotografa, una musicista e un’attivista. Italiana di origine eritrea, fa parte della Rete G2 e, negli ultimi mesi, si è anche lei spesa nell’assistenza ai profughi in transito per la città. Realizzando Asmarina ha capito che il suo desiderio di raccontarsi e di fare memoria era comune a molte altre persone, che hanno partecipato con entusiasmo al progetto. Alan, invece, portando a termine questo documentario ha voluto sdebitarsi. Asmarina, il secondo film della sua carriera da regista/fotografo, per lui, “è un tributo a Porta Venezia e alla sua gente”, che ha iniziato a frequentare negli anni dell’università, rimanendone folgorato.

Insieme, hanno lavorato facendo di empatia e partecipazione le loro parole d’ordine, “cercando con pazienza di creare una relazione con i protagonisti” del documentario, fuggendo finzioni e forzature, intessendo rapporti veri con i luoghi e le persone che hanno via via incontrato. Logico, quindi, che, per la prima visione della loro Asmarina, Medhin e Alan siano rimasti in quartiere. Ad ospitarli sarà il Festival del Cinema Africano, che da anni ha la sua sede centrale nel casello Ovest di Porta Venezia. L’appuntamento è questa sera, martedì 5 maggio 2015 alle ore 21.00 al cinema Beltrade, mentre una seconda proiezione è prevista allo Spazio Oberdan venerdì 8 maggio 2015 alle ore 17.00.

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